Presentazione libro Pasquale Romano
Presentazione del libro di Pasquale Romano
Presentazione del libro di Pasquale Romano
nella Chiesa di S. Marina di Filandari (VV)
di Giovanni Russo
nella Chiesa di S. Marina di Filandari (VV)
di Giovanni Russo
Il poter esprimere qui, questa sera, alcune considerazioni sulla recente fatica dell’amico Pasquale Romano, nel mentre pone serie difficoltà a me che non sono uno storico, ma un semplice cultore di fonti e memorie locali, specie in presenza di P. Maffeo Pretto, autentica autorità nel campo della pietà popolare e dei culti dei santi, mi onora, invece, perchè figlio di una terra che, da epoca remota, è posta sotto la protezione di S.Marina: Polistena.
Di quella cittadina, cioè, che, al pari di Chelandare, Xalandari o come registra il Dizionario onomastico e toponomastico della Calabria di G. Rohlfs, è interessata alle vicende storiche bizantine.
Credo che sia il caso di pensare proprio a Filandari quando ne Le Brebion de la Metropole Byzantine de Règion, fondamentale documento del 1050, curato da Andrè Guillou, alla p. 41, figura un Nicola discendente de Chélandarès, equivalente del toponimo Celandario registrato da Gabriele Barrio, nel 1571 o dal polistenese Girolamo Marafioti, nel 1601.
Quindi una cittadina, Filandari, che non solo è presente in detto periodo ma, che forse secoli prima aveva già fatto proprio il culto della Vergine Marina che i monaci venuti dall’Oriente avevano introdotto in molteplici centri della Calabria, della Sicilia, della Campania e della Puglia.
Chiese parrocchiali, chiese semplici, monasteri, o semplici toponimi conservano ancora oggi la denominazione della Santa. E’ il caso di ricordare, qui, le sole località calabresi : POLISTENA ; S. MARINA (antica località posta tra Polistena e S. Giorgio Morgeto); ZOPARTO DI BIANCO; BISIGNANO ( Qui una chiesa di S.Marina si evince nella Platea Ruffino del 1264); BRIATICO (Il Monastero di S.Pancrazio di Briatico, nel 1144, secondo lo Scaduto: Il monachesimo basiliano nella Sicilia Medievale, p.421, era limitato da “Santa Marina”); CAMPANA (monastero nella diocesi di Umbriatico ove, nel 1167, figurava abate Filottete); CASIGNANA (antica chiesa rurale); CASOLE BRUZIO ( Chiesa parrocchiale); CASTELVETERE (oggi Caulonia); CATACEN.; CIRO’ (vi fu una chiesa Parrocchiale); GALATRO; GERACE (Vi figurò una chiesa Parrocchiale che, ancora nel XVI sec. era operante); ISCA; MELICUCCA’ DI DINAMI (Chiesa Parrocchiale); PARACORIO (attuale Delianova); PENTEDATTILO (chiesa presente nel XVI sec.); PLACANICA; REGGIO CALABRIA ( la chiesa risultò già distrutta nel 1594); ROGLIANO (già presente nel 1164); ROSSANO (ove era presente un monastero basiliano sotto il titolo di S.Marina); SAN GIOVANNI DI ZAMBRONE; STILO, TERRATI (Chiesa parrocchiale).
La ricchezza di fede verso l’inclita S.Marina da parte del popolo di Filandari è il motivo predominante del lavoro di Pasquale Romano che, sebbene non ha la pretesa di un saggio critico, rigorosamente scientifico, ed avendo, invece, volutamente un carattere schiettamente divulgativo e popolare, risulta uno studio meritevole di ogni attenzione per il significato culturale che incarna e testimonia. C’è da lodare ed apprezzare la serietà, l’impegno e lo sforzo anche finanziario dell’autore per condurre con caparbietà e portare a termine con perseveranza una ricerca personale sull’identità spirituale della Santa Protettrice.
E’ una iniziativa culturale degna di rilievo che testimonia, fra l’altro, la volontà di prendere viva coscienza di una tradizione spirituale che, da secoli, è presente a Filandari, ma di cui non sempre si ha, da parte di molti, una esatta conoscenza.
Sul piano tematico, il libro, muovendo per grandi linee da brevi cenni della vita di S. Marina, affronta anche la questione della Grotta di S.Marina, evidenziando il fatto che anche a Canubin, luogo della morte della Santa esiste una grotta che i monaci Maroniti adattarono a Cappella per ivi celebrarvi tutti i giorni la messa. Ma il parallelismo che Romano tende a marcare è il fatto che anche lì dalla grotta sgorga acqua molto fresca ove le giovani donne prive di latte accorrevano, invocando l’intercessione della Santa.
Dal punto di vista delle fonti letterarie, la grotta, venne presa in esame anche da Achille Solano ed Angela San Pietro (Di alcune grotte eremitiche nel Versante Sud -occidentale del Monte Poro- in I Beni culturali e le Chiese di Calabria) che la identificarono, proprio per la distribuzione odierna in agro del Comune di Filandari, già chora di Mesiano, con quella indicata nella vita di S.Elia Speleota, denominandola però Grotta di Santa Cristina.
Romano, quindi, continua con l’analizzare la genesi della Parrocchiale, registrando e raccogliendo i diversi aspetti e forme di questo patrimonio antico, attraverso l’interrogazione di fonti archivistiche edite come l’Archivio Segreto Vaticano, attraverso il monumentale Regesto di P. Francesco Russo che , al numero 16864, restituisce la notizia del 1 giugno 1530 ove viene espressamente citata la parochiali ecclesia S.Marinae, casalis Filandari.
Lo stesso Regesto di P.Russo ai numeri : 16856 (pure del 1 giugno 1530), 25659 (di Gennaio 1601) e nelle successive indicazioni per gli anni 1624, 1627, 1653, 1668, 1693, relative a Filandari, registra quasi sempre la parochiali ecclesia S. Mariae loci Filandari e non S. Marinae.Tutto ciò è spiegabile, secondo quanto possiamo evincere dagli Studi storico-critici intorno a S. Marina Vergine di Mons. Domenico Valensise (Napoli, 1908), secondo cui nei testi del sec. X, rispettivamente manoscritto 1°, fol. 83.84 e ms. 329 della Biblioteca del Monastero del Santo Sepolcro in Gerusalemme, il nome primitivo della Santa è Maria, mentre quello del padre Eugenio.
Nel caso di Polistena, infatti, la decima del 1310, viene segnalata come versata dalla chiesa di S. Mariae de Polistina, ma che va inteso come S. Marinae. de Polistina.
Altra fonte documentaria interrogata da Romano è la Visita Pastorale effettuata da Mons. Del Tufo nel 1586, nel corso della quale figurò sopra l’altare maggiore un quadro di tela dove stavano pitte le infrascritte figure della Madonna SS.ma, di S. Marina e di S.Nicola.
Anche il Regesto Vaticano per la Calabria di P. Russo nelle notizie n. 37102 e 41496, rispettivamente dell’Agosto 1653 e Luglio 1668, riferisce di una Parochiali ecclesia S. Mariae et S. Nicolai, loci Filandari..., per cui si potrebbe ipotizzare che la chiesa parrocchiale di Filandari fosse, in tale epoca, soto il titolo di S. Marina e di S. Nicola.
Giustamente Pasquale Romano fa rilevare, però, che nell’anno 1796, una chiesa dedicata a S. Nicola risultava già diruta, mentre intorno al 1740 ebbero inizio i lavori della nuova chiesa di Santa Marina che fu poi consacrata, nel 1750, da Mons. Marcello Filomarino, Vescovo di Mileto. Una ulteriore esplorazione dell’archivio diocesano di Mileto potrebbe restituire nuovi elementi di chiarezza su questo particolare.
Il libro testimonia , inoltre, l’unità tra culto verso la Santa e cultura della gente. La Santa è la prima cittadina del paese, nel senso che è il simbolo vivente delle aspirazioni più nobili che sono presenti nella popolazione che la invoca ed a cui chiede aiuto per i casi più seri e drammatici che sono presenti nella storia più profonda di una persona o di una comunità o delle comunità di filandaresi in Argentina e negli Stati Uniti.
Tutto è raccolto e valorizzato, perchè tutto parla della fede dei Padri e tutto insegna per il nostro superficiale e frettoloso presente.
Suggestiva è la descrizione della calata di S. Marina dalla propria nicchia, come pure di molto effetto la poesia dialettale di Franco Pagnotta “A scinduta i Santa Marina”. All’occhio attento ed amoroso di Pasquale Romano non sfuggono nemmeno piccoli particolari estetici che hanno una precisa significazione nel contesto dell’opera, perchè hanno lasciato un segno notevole nelle tradizioni popolari locali. Tutto ciò rievoca antiche usanze polistenesi ormai scomparse : le Vedute di S. Marina e la processione della Santa con tutte le statue di tutte le chiese. Le feste religiose hanno scandito, per secoli, la vita delle popolazioni dei nostri centri, per lo più dedite all’agricoltura, alla pastorizia ed all’artigianato. La festa veniva vissuta in pieno nella sua globalità, e cioè sotto il suo aspetto religioso, economico e socio-culturale.
Gli inni, i canti sacri, le novene, i responsori, le preghiere, le canzoncine popolari, le ballate di Santa Marina, raccolti dai vari Carlo Alberto Taccone e Giuseppe Brinati tra il 1892 e il 1894 e pubblicati ne La Calabria di Bruzzano, tutto, insomma, offre infiniti spunti di riflessioni attorno a quell’espressione, antica e sempre nuova, che è la religiosità popolare.
La concessione a Filandari di una prima reliquia della Santa , nel 1930 e di una seconda nel 1991, ricordano le premure del Vescovo Mons. Domenico Valensise, che, nel 1870, ottenne dal Cardinale Trevisanato, Patriarca di Venezia, la preziosa reliquia della costola del lato sinistro del corpo della Santa per la cittadina di Polistena.
In quell’occasione, anche Mons. Valensise trasportò personalmente la costola dentro un reliquiario di ignoto argentiere veneziano.
Nel 1838, allorquando il clero e l’università polistenese chiesero alla Congregazione dei Riti in Roma l’Ufficio e le orazioni propri di S. Marina non mancarono di fare preciso riferimento all’ufficio ed orazioni propri di Filandari.
E Filandari, alcuni decenni fa, ha ristampato la Vita di S. Marina di Mons. Luigi Guido, già degnissimo Arciprete di Polistena.
Tutto il lavoro merita l’attenzione del lettore, non solo per la serietà e per la avvedutezza della ricerca, ma anche, e soprattutto, per l’interpretazione viva e partecipe, che emerge dalle pagine del libro di Pasquale Romano, del sentimento religioso, profondo e incoercibile, vero e sentito, che vive nel cuore del popolo calabrese, a dispetto di coloro che vorrebbero farne una semplice dimostrazione di superstizione interessata , mentre invece si tratta di autentica ed ingenua fede, come l’Autore ha saputo ben dimostrare in questo primo suo saggio, al quale auguro tutto il successo che merita.
Permettere, infatti, ai concittadini di Filandari, e non solo ad essi, di meglio conoscere la figura di S. Marina, alimentando quella fiaccola del culto a Lei dedicato, significa aver dato l’opportunità di amarla più intensamente.
Di quella cittadina, cioè, che, al pari di Chelandare, Xalandari o come registra il Dizionario onomastico e toponomastico della Calabria di G. Rohlfs, è interessata alle vicende storiche bizantine.
Credo che sia il caso di pensare proprio a Filandari quando ne Le Brebion de la Metropole Byzantine de Règion, fondamentale documento del 1050, curato da Andrè Guillou, alla p. 41, figura un Nicola discendente de Chélandarès, equivalente del toponimo Celandario registrato da Gabriele Barrio, nel 1571 o dal polistenese Girolamo Marafioti, nel 1601.
Quindi una cittadina, Filandari, che non solo è presente in detto periodo ma, che forse secoli prima aveva già fatto proprio il culto della Vergine Marina che i monaci venuti dall’Oriente avevano introdotto in molteplici centri della Calabria, della Sicilia, della Campania e della Puglia.
Chiese parrocchiali, chiese semplici, monasteri, o semplici toponimi conservano ancora oggi la denominazione della Santa. E’ il caso di ricordare, qui, le sole località calabresi : POLISTENA ; S. MARINA (antica località posta tra Polistena e S. Giorgio Morgeto); ZOPARTO DI BIANCO; BISIGNANO ( Qui una chiesa di S.Marina si evince nella Platea Ruffino del 1264); BRIATICO (Il Monastero di S.Pancrazio di Briatico, nel 1144, secondo lo Scaduto: Il monachesimo basiliano nella Sicilia Medievale, p.421, era limitato da “Santa Marina”); CAMPANA (monastero nella diocesi di Umbriatico ove, nel 1167, figurava abate Filottete); CASIGNANA (antica chiesa rurale); CASOLE BRUZIO ( Chiesa parrocchiale); CASTELVETERE (oggi Caulonia); CATACEN.; CIRO’ (vi fu una chiesa Parrocchiale); GALATRO; GERACE (Vi figurò una chiesa Parrocchiale che, ancora nel XVI sec. era operante); ISCA; MELICUCCA’ DI DINAMI (Chiesa Parrocchiale); PARACORIO (attuale Delianova); PENTEDATTILO (chiesa presente nel XVI sec.); PLACANICA; REGGIO CALABRIA ( la chiesa risultò già distrutta nel 1594); ROGLIANO (già presente nel 1164); ROSSANO (ove era presente un monastero basiliano sotto il titolo di S.Marina); SAN GIOVANNI DI ZAMBRONE; STILO, TERRATI (Chiesa parrocchiale).
La ricchezza di fede verso l’inclita S.Marina da parte del popolo di Filandari è il motivo predominante del lavoro di Pasquale Romano che, sebbene non ha la pretesa di un saggio critico, rigorosamente scientifico, ed avendo, invece, volutamente un carattere schiettamente divulgativo e popolare, risulta uno studio meritevole di ogni attenzione per il significato culturale che incarna e testimonia. C’è da lodare ed apprezzare la serietà, l’impegno e lo sforzo anche finanziario dell’autore per condurre con caparbietà e portare a termine con perseveranza una ricerca personale sull’identità spirituale della Santa Protettrice.
E’ una iniziativa culturale degna di rilievo che testimonia, fra l’altro, la volontà di prendere viva coscienza di una tradizione spirituale che, da secoli, è presente a Filandari, ma di cui non sempre si ha, da parte di molti, una esatta conoscenza.
Sul piano tematico, il libro, muovendo per grandi linee da brevi cenni della vita di S. Marina, affronta anche la questione della Grotta di S.Marina, evidenziando il fatto che anche a Canubin, luogo della morte della Santa esiste una grotta che i monaci Maroniti adattarono a Cappella per ivi celebrarvi tutti i giorni la messa. Ma il parallelismo che Romano tende a marcare è il fatto che anche lì dalla grotta sgorga acqua molto fresca ove le giovani donne prive di latte accorrevano, invocando l’intercessione della Santa.
Dal punto di vista delle fonti letterarie, la grotta, venne presa in esame anche da Achille Solano ed Angela San Pietro (Di alcune grotte eremitiche nel Versante Sud -occidentale del Monte Poro- in I Beni culturali e le Chiese di Calabria) che la identificarono, proprio per la distribuzione odierna in agro del Comune di Filandari, già chora di Mesiano, con quella indicata nella vita di S.Elia Speleota, denominandola però Grotta di Santa Cristina.
Romano, quindi, continua con l’analizzare la genesi della Parrocchiale, registrando e raccogliendo i diversi aspetti e forme di questo patrimonio antico, attraverso l’interrogazione di fonti archivistiche edite come l’Archivio Segreto Vaticano, attraverso il monumentale Regesto di P. Francesco Russo che , al numero 16864, restituisce la notizia del 1 giugno 1530 ove viene espressamente citata la parochiali ecclesia S.Marinae, casalis Filandari.
Lo stesso Regesto di P.Russo ai numeri : 16856 (pure del 1 giugno 1530), 25659 (di Gennaio 1601) e nelle successive indicazioni per gli anni 1624, 1627, 1653, 1668, 1693, relative a Filandari, registra quasi sempre la parochiali ecclesia S. Mariae loci Filandari e non S. Marinae.Tutto ciò è spiegabile, secondo quanto possiamo evincere dagli Studi storico-critici intorno a S. Marina Vergine di Mons. Domenico Valensise (Napoli, 1908), secondo cui nei testi del sec. X, rispettivamente manoscritto 1°, fol. 83.84 e ms. 329 della Biblioteca del Monastero del Santo Sepolcro in Gerusalemme, il nome primitivo della Santa è Maria, mentre quello del padre Eugenio.
Nel caso di Polistena, infatti, la decima del 1310, viene segnalata come versata dalla chiesa di S. Mariae de Polistina, ma che va inteso come S. Marinae. de Polistina.
Altra fonte documentaria interrogata da Romano è la Visita Pastorale effettuata da Mons. Del Tufo nel 1586, nel corso della quale figurò sopra l’altare maggiore un quadro di tela dove stavano pitte le infrascritte figure della Madonna SS.ma, di S. Marina e di S.Nicola.
Anche il Regesto Vaticano per la Calabria di P. Russo nelle notizie n. 37102 e 41496, rispettivamente dell’Agosto 1653 e Luglio 1668, riferisce di una Parochiali ecclesia S. Mariae et S. Nicolai, loci Filandari..., per cui si potrebbe ipotizzare che la chiesa parrocchiale di Filandari fosse, in tale epoca, soto il titolo di S. Marina e di S. Nicola.
Giustamente Pasquale Romano fa rilevare, però, che nell’anno 1796, una chiesa dedicata a S. Nicola risultava già diruta, mentre intorno al 1740 ebbero inizio i lavori della nuova chiesa di Santa Marina che fu poi consacrata, nel 1750, da Mons. Marcello Filomarino, Vescovo di Mileto. Una ulteriore esplorazione dell’archivio diocesano di Mileto potrebbe restituire nuovi elementi di chiarezza su questo particolare.
Il libro testimonia , inoltre, l’unità tra culto verso la Santa e cultura della gente. La Santa è la prima cittadina del paese, nel senso che è il simbolo vivente delle aspirazioni più nobili che sono presenti nella popolazione che la invoca ed a cui chiede aiuto per i casi più seri e drammatici che sono presenti nella storia più profonda di una persona o di una comunità o delle comunità di filandaresi in Argentina e negli Stati Uniti.
Tutto è raccolto e valorizzato, perchè tutto parla della fede dei Padri e tutto insegna per il nostro superficiale e frettoloso presente.
Suggestiva è la descrizione della calata di S. Marina dalla propria nicchia, come pure di molto effetto la poesia dialettale di Franco Pagnotta “A scinduta i Santa Marina”. All’occhio attento ed amoroso di Pasquale Romano non sfuggono nemmeno piccoli particolari estetici che hanno una precisa significazione nel contesto dell’opera, perchè hanno lasciato un segno notevole nelle tradizioni popolari locali. Tutto ciò rievoca antiche usanze polistenesi ormai scomparse : le Vedute di S. Marina e la processione della Santa con tutte le statue di tutte le chiese. Le feste religiose hanno scandito, per secoli, la vita delle popolazioni dei nostri centri, per lo più dedite all’agricoltura, alla pastorizia ed all’artigianato. La festa veniva vissuta in pieno nella sua globalità, e cioè sotto il suo aspetto religioso, economico e socio-culturale.
Gli inni, i canti sacri, le novene, i responsori, le preghiere, le canzoncine popolari, le ballate di Santa Marina, raccolti dai vari Carlo Alberto Taccone e Giuseppe Brinati tra il 1892 e il 1894 e pubblicati ne La Calabria di Bruzzano, tutto, insomma, offre infiniti spunti di riflessioni attorno a quell’espressione, antica e sempre nuova, che è la religiosità popolare.
La concessione a Filandari di una prima reliquia della Santa , nel 1930 e di una seconda nel 1991, ricordano le premure del Vescovo Mons. Domenico Valensise, che, nel 1870, ottenne dal Cardinale Trevisanato, Patriarca di Venezia, la preziosa reliquia della costola del lato sinistro del corpo della Santa per la cittadina di Polistena.
In quell’occasione, anche Mons. Valensise trasportò personalmente la costola dentro un reliquiario di ignoto argentiere veneziano.
Nel 1838, allorquando il clero e l’università polistenese chiesero alla Congregazione dei Riti in Roma l’Ufficio e le orazioni propri di S. Marina non mancarono di fare preciso riferimento all’ufficio ed orazioni propri di Filandari.
E Filandari, alcuni decenni fa, ha ristampato la Vita di S. Marina di Mons. Luigi Guido, già degnissimo Arciprete di Polistena.
Tutto il lavoro merita l’attenzione del lettore, non solo per la serietà e per la avvedutezza della ricerca, ma anche, e soprattutto, per l’interpretazione viva e partecipe, che emerge dalle pagine del libro di Pasquale Romano, del sentimento religioso, profondo e incoercibile, vero e sentito, che vive nel cuore del popolo calabrese, a dispetto di coloro che vorrebbero farne una semplice dimostrazione di superstizione interessata , mentre invece si tratta di autentica ed ingenua fede, come l’Autore ha saputo ben dimostrare in questo primo suo saggio, al quale auguro tutto il successo che merita.
Permettere, infatti, ai concittadini di Filandari, e non solo ad essi, di meglio conoscere la figura di S. Marina, alimentando quella fiaccola del culto a Lei dedicato, significa aver dato l’opportunità di amarla più intensamente.
Giovanni Russo